Descrizione
io coltivo il mio giardino, tu fai del cinema, lui lancia delle bombe (o dei missili)
Il motto di questo numero è di Max Jacob e crediamo sia il commento più adatto alle settimane drammatiche successive all’invasione russa in Ucraina. Di guerra ci siamo occupati nel numero precedente (si possono recuperare gli articoli sul nostro sito) mentre questo numero è dedicato per la gran parte a un dossier sulle tecnologie digitali, attento in particolare alla scuola e alla didattica, ma anche ai movimenti sociali, per il quale abbiamo interpellato persone che di informatica e di digitale si occupano per lavoro e per attivismo. Che la questione dell’informatica a scuola sia ineludibile è ormai scontato: capire come occuparsene e come agire è invece estremamente difficile. Il circuito degli hacklab di molte città italiane, i collettivi e i singoli che si incontrano negli hackmeeting rappresentano uno dei movimenti sociali più vivaci nell’Italia degli ultimi anni: per questo l’esperienza accumulata dai movimenti hacker ci sembra essenziale per chi si occupa oggi di educazione e intervento sociale.
Prima del dossier, proponiamo due contributi: un saggio di Frédéric Keck, Simon Maraud e Samuel Roturier – con una prefazione di Tim Ingold e tradotto da Velania A. Mesay – i quali a partire dall’esperienza maturata con il Covid19 si chiedono – percorrendo la storia passata e attuale delle epidemie di origine zoonotica in Ue – se saremo pronti a una gestione più democratica della salute, passando così dalla reazione alla anticipazione delle epidemie e delle epizoozie; e una selezione dei comunicati scritti da studenti e studentesse delle scuole superiori di varie città, raccolti da Samuele Carazzina in occasione delle molte occupazioni dei mesi scorsi e presentati da Stefano Laffi.
La prima parte del dossier si occupa in particolare della scuola (e della pubblica amministrazione) ed è aperta da Ginevra Sanvitale, che ci invita a “hackerare” il dibattito su educazione e tecnologia, imparando dalle esperienze del movimento per il software libero e dando la giusta importanza alla dimensione emotiva e a quella politica del dibattito. Giacomo Tesio ci spiega quanti e quali dati di studenti italiani abbiamo regalato alle grandi corporation di Internet, in maniera colpevolmente inconsapevole, attraverso la didattica a distanza, e prefigura un futuro in cui l’educazione sarà condizionata dagli algoritmi di Google; Angelo Raffaele Meo espone le ragioni per le quali il software libero è preferibile al software proprietario, nella scuola, nell’università, nella pubblica amministrazione, dal punto di vista economico, della privacy, della sicurezza di chi partecipa agli incontri online. Ancora sulla pubblica amministrazione, Davide Lamanna affronta il tema del cloud computing, ovvero di dove e come i dati vengano archiviati e processati, ponendo il problema della sovranità digitale dello stato e della autonomia digitale delle comunità. Di dipendenza dagli schermi – la più grave epidemia dell’infanzia e dell’adolescenza contemporanee – torna a parlarci Simone Lanza, raccontando un importante incontro in Francia e invitando gli Asini a una necessaria azione collettiva su questo tema.
La seconda parte del dossier mostra come le tecnologie digitali generino distopie che hanno effetti rilevanti e spesso drammatici nel mondo offline: Nicholas Loubere e Stefan Brehm (tradotti da Velania A. Mesay) ci aiutano a capire cosa sia il credito sociale cinese e in particolare la sua applicazione nello Xinjiang, mostrandone le similitudini con l’utilizzo di tecnologie simili nei paesi occidentali, mentre Leonardo Lippolis prova a immaginare quali trasformazioni della nostra demorazia siano prefigurate dal green pass italiano. Agnese Trocchi cerca di spiegarci, attraverso un racconto, cosa siano e a cosa (non) servano le blockchain e i non-fungible tokens (Nft), mentre Jacopo Anderlini decostruisce il progetto presentato da Mark Zuckerberg per la trasformazione di Facebook in “Meta” e ci informa su social network alternativi e più utili alle interazioni “reali”.
Nell’ultima parte del dossier, approfondiamo cosa voglia dire adottare una prospettiva hacker sulle tecnologie digitali: Carlo B. Milani sostiene che gli esseri tecnici possono diventare alleati nella costruzione di relazioni mutualistiche tra gli umani, a patto di non delegarne la gestione a esperti, mentre Cristina Carnevali e Germana Fratello, incontrate da Mimmo Perrotta, discutono delle analogie tra movimento hacker e movimento per l’agricoltura contadina a partire dall’esperienza dell’associazione di contadini Campi Aperti.
Le illustrazioni presenti in questo numero sono dettagli dalla serie Espedienti per un brano jazz di Maurizio Lacavalla, realizzati per una mostra al Jazz Club Ferrara.
Le foto realizzate durante le occupazioni di alcune scuole sono di Zoe Vincenti.